Di seguito pubblichiamo due documenti tratti dal seguente fascicolo dell’Archivio di Stato di Roma:
MINISTERO DELL’INTERNO
Direzione Generale della Pubblica Sicurezza
Divisione Affari Generali e Riservati
Archivio generale
Documenti sequestrati alla Massoneria
identificativonIT-ACS-AS0001-0001763
Busta n. 1 – fascicolo n. 1 “accertamenti”
Mail di autorizzazione dell’Archivio di Stato Roma datata 14 giugno 2024
dichiarazione di utilizzo n° 2215/2024
È FATTO DIVIETO DI SCARICARE I DOCUMENTI ALLEGATI
Alla Ricerca della Verità Storica
Recentemente la magistratura ha respinto la richiesta di acquisire parte di Palazzo Giustiniani, attuale sede del Senato, presentata dal Grande Oriente d’Italia.
Sicuramente un ruolo lo ha avuta nella sentenza sfavorevole la documentazione storica conservata presso gli archivi pubblici.
Portiamo alla visione degli studiosi due documenti che riguardano la liquidazione del patrimonio del Grande Oriente d’Italia dopo lo scioglimento delle Logge Massoniche effettuato dal governo fascista, che provengono dall’Archivio di Stato di Roma.
Dalla visione di queste carte possiamo mettere in dubbio la ricostruzione che in genere la storiografia ufficiale propone come consolidata:
– Il fatto che Palazzo Giustiniani sia stato espropriato al Grande Oriente d’Italia;
– Dove siano finite le eventuali cifre corrisposte ai liquidatori del Grande Oriente;
– Il rapporto fra una parte degli esponenti del Grande Oriente con il Regime Fascista.
Ma andiamo per ordine: siamo nel 1934, anno 13° dell’Era Fascista.
Il primo documento è una lettera di ringraziamento che Ulisse Bacci fa al Capo della Polizia Arturo Bocchini.
Arturo Bocchini è entrato nella carriera prefettizia nel 1922 e rimase capo della Polizia dal 1926 alla morte, nel novembre del 1940.
La lettera è datata 22 dicembre 1934, Ulisse Bacci era una delle figure più importanti del Grande Oriente d’Italia.
Così ne parla l’Istituto Treccani:
“Giornalista e uomo politico (Barberino Val d’Elsa, Firenze, 1846 – Roma 1935). Fu iniziato alla massoneria nel 1867 e subito aggregato alla segreteria del Grande oriente d’Italia, prima come semplice impiegato poi come segretario generale. Aveva la patente di idoneità all’insegnamento nelle classi ginnasiali, ma non risulta che l’abbia usata. Quando nel 1870 fu fondata la «Rivista della massoneria italiana» ne divenne presto la mente, assumendone la direzione nel 1872. Direttore e poi anche proprietario del periodico ufficiale letto da tutti i massoni italiani, ebbe indubbiamente un ruolo di primo piano nell’indirizzare culturalmente la comunione massonica. Democratico di sentimenti repubblicani, come gran parte della dirigenza del Grande oriente, condivise e spesso guidò dalle pagine della rivista le grandi battaglie per la secolarizzazione del paese, a favore della scuola laica aperta a tutti e del divorzio. Collaborò come critico letterario e come poeta con numerosi periodici romani. Per circa sessanta anni fu l’anima della massoneria italiana. Il 17 novembre 1926 il prefetto di Roma decretò la «sospensione» della rivista massonica, mai più revocata, rovinando economicamente il suo proprietario e editore. Durante gli anni del fascismo Bacci fu perseguitato dalle misure di polizia, subì la rovina economica e fu abbandonato dai suoi amici. Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani”
Nel 1934 Bacci chiede al Capo della Polizia che sia verificato dove fossero finiti i fondi ricavati dalla liquidazione dei beni del Grande Oriente d’Italia, fra questi Palazzo Giustiniani, che ne era la sede nazionale.
Bocchini accoglie le richieste di Bacci e dispone un’inchiesta per verificare dove fossero finiti i soldi ricavati dalla liquidazione del patrimonio del Grande Oriente.
Abbiamo visionati molti elenchi del Supremo Consiglio del GOI, in tutti questi elenchi il primo nome è quello di Ulisse Bacci.
Bacci, nella lettera allegata, invia gli auguri al Capo della Polizia ed alla sua famiglia per le prossime feste natalizia. Ringrazia per l’accoglienza che ha avuto la sua richiesta, di cui diremo poi, e per il suo autorevolissimo intervento per tentare il recupero “di una parte almeno di ciò che mi è dovuto sul residuo del patrimonio massonico”.
Infatti, Bacci rivendica di aver diritto di una parte degli introiti relativi alla liquidazione del patrimonio del Grande Oriente, Bocchino facendo propria la richiesta del Bacci ha dato l’ordine all’Ispettore Generale della P.S. Giuseppe Consolo di verificare cosa era successo a questi fondi.
È interessante anche il frontespizio del fascicolo, dove l’archivista ha riassunto quanto nel fascicolo era riportato: “La Signora M. ha dichiarato nuovamente che presenterà l’elenco di coloro che hanno profittato degli ultimi fondi della Massoneria soltanto a S. E. il Capo del Governo”.
Più in basso è scritto “Non lo ha più presentato” ed accanto c’è la parola “Atti”.
Segue la relazione dell’Ispettore Consolo, il documento è costituito da 19 pagine, lascio alla lettura ed alla comprensione di queste coloro che accedono a questo sito.
Evidenzio alcuni aspetti del testo:
– quanto successo alla sede del Grande Oriente e cioè Palazzo Giustiniani;
– la possibilità che alcuni esponenti del Grande Oriente abbiano assunto ruoli importanti nel governo fascista, alcuni passaggi di cui troveremo successivamente la conferma nelle parole di Papa Pio XI.
Nella prima parte della relazione si riassume quanto accaduto nel 1925: Domizio Torrigiani, l’ultimo Gran Maestro eletto, in virtù dei poteri concessigli dall’ultima assemblea del Grande Oriente, nella imminenza della pubblicazione della Legge 26 novembre 1925 n.2029 con decreto n.434 del 22 novembre 1925, dichiarò sciolte tutte le Logge ed i Corpi massonici. Con decreto 435 dichiarava aboliti statuti, regolamenti e rituali, dichiarando che in caso di ricostituzione tutto dovesse adeguarsi alle leggi sulle associazioni.
Contemporaneamente costituiva un comitato ordinatore di cui facevano parte il Gran Maestro Aggiunto Giuseppe Meoni, Ettore Ferrari, Ugo Lenzi ed altri personaggi di primo piano del Grande Oriente.
Il comitato ebbe a riunirsi poche volte, a seguito del “sconfinamento” di Torregiani, fu eletto come presidente il Meoni.
Il 16 di giugno del 1927 Meoni convocava il comitato ed il Consiglio di amministrazione della società Urbs, proprietaria di Palazzo Giustiniani e degli altri immobili sede di Logge. La riunione si tenne a casa sua il 26 giugno 1927. I dettagli dell’incontro li potete seguire nel testo allegato.
L’assemblea stabilisce che una volta sistemata la vertenza “concernente il patrimonio sociale”, la società Urbs dovesse essere posta in liquidazione.
Per quanto riguarda la ricostituzione del Grande Oriente viene deciso che considerando la situazione generale del Paese, in particolare di alcune provincie, dovesse essere sospesa ogni pratica e che, comunque, non fosse possibile attuare un progetto di ricostituzione sulle basi individuate dall’ex Gran Maestro.
Torrigiani pagò duramente la sua militanza massonica, posto al confino dall’aprile del 1927, quale responsabile delle agitazioni contro lo Stato e accusato di collusione con l’emigrazione politica, tornato successivamente libero, ma con una salute gravemente compromessa, morì nell’agosto del 1932.
Al Presidente Meoni furono conferiti i pieni poteri per la liquidazione della “gestione amministrativa del Grande Oriente”.
Mi soffermo a questo punto su quanto accadde alla sede centrale del Goi e cioè Palazzo Giustiniani anche perché è stato motivo di recente discussione pubblica.
Gli atti di cui sopra furono la premessa per la liquidazione del patrimonio della società “Urbs”.
L’Ispettore della P.S. riferisce che il 27 novembre 1927 si era tenuta l’assemblea della società con la totalità delle azioni rappresentate e presenti. Viene così nominato il liquidatore Prof. Dr. Umberto Vecchiotti. Il mandato comprendeva anche l’incarico di riscuotere dallo Stato il pagamento per Palazzo Giustiniani.
La vicenda di Palazzo Giustiniani sembra essersi però risolta antecedentemente, o, almeno, in via di risoluzione visto l’incarico attribuito al Vecchiotti.
Con un decreto datato 20 gennaio 1926 il Ministero della Pubblica Istruzione aveva cercato di far valere l’esercizio del diritto di prelazione monumentale ai sensi della legge n.364/1919.
La Urbs si era opposta al decreto tramite l’avvocato Giuseppe Marchesano chiedendone l’annullamento innanzi al Consiglio di Stato, contestando la prescrizione decennale del diritto di prelazione (che quindi all’epoca dell’acquisto non era stato fatto valere).
Segue una transazione per cui il Demanio pagherà un significativo compenso alla Urbs e questa rinuncerà a “qualsiasi eventuale diritto”.
Nel testo trovate la cifra che lo Stato ha corrisposto alla Urbs, Società che comunque, poco tempo dopo, avrebbe nominato un commissario liquidatore.
Le operazioni sul patrimonio del Grande Oriente furono definite il 27 marzo del 1929 con l’approvazione del bilancio.
La gestione del Supremo Consiglio del Rito Scozzese fu chiusa il 30 gennaio 1926 con un rendiconto del Gran Tesoriere rag. Alberto Pavoni approvato dal Prof. Ferrari, il residuo attivo rimase nella disponibilità del Professor Ferrari.
La relazione prosegue dettagliata sia sul patrimonio del Supremo Consiglio, che su quello del Grande Oriente.
Alla fine di tutto il percorso, liquidazione della Urbs e del patrimonio del Grande Oriente, l’Ispettore rilevava che “In complesso, l’amministrazione fiduciaria del Meoni si estese ad un patrimonio liquido che può valutarsi in lire 3 milioni e 600 mila”.
A questo punto l’altro interrogativo che la relazione solleva è dove sono finiti questi soldi, rivendicando il Bacci una quota per probabili crediti a suo favore.
L’avvocato Lenzi, sempre della Urbs, riferiva che esisteva un rendiconto circa l’utilizzo di queste cifre e che, quando era iniziato un dissidio fra il Bacci ed il Meoni, Lenzi lo aveva visionato.
La Vedova del Meoni si rifiutò però di consegnare all’ispettore il rendiconto, vediamo cosa è scritto a pagina nove della relazione:
“La vedova Meoni, mentre ammette la esistenza del rendiconto, ha resistito fermamente a tutte le mie premure per averne visione, dichiarandosi vincolata da ragioni estrema riservatezza a riguardo delle persone ivi menzionate e facendomi comprendere che dal rendiconto stesso risultano crediti aperti per somme cospicue ad alte personalità, le quali avrebbero motivo di dolersi, e forse anche di esercitare rappresaglie verso di lei, se essa avesse aderito all’invito mio, come di qualunque altro funzionario di P.S. Ha aggiunto di avere depositato in posto sicuro il documento che si riterrebbe sciolta dal vincolo del riserbo soltanto se ne avesse ordine dall’Autorità Giudiziaria ovvero ne fosse personalmente richiesta da S.E. il Capo del Governo, nelle cui mani, senza tramite di altra persona, per quanto autorevole, sarebbe disposta a consegnare il rendiconto.”
L’Ispettore verificato attraverso le notizie in suo possesso la destinazione dei fondi di cui è a conoscenza, rilevò che mancavano giustificazioni per una parte cospicua dei fondi amministrati.
A pagine 16 scrive: “Dunque, di fronte a un attivo certo di circa 3 milioni e 600 mila lire, abbiamo un passivo, approssimativamente giustificato, di un milione e mezzo: il residuo di due milioni e centomila lire dovrebbe trovare giustificazione nel rendiconto lasciato dal Meoni e che la vedova afferma essere in gran parte documentato.”.
Nella pagina successiva, la 17, scrive, e le sottolineature non sono le mie, che per tentare un parziale recupero, bisognerebbe controllare “…se, come la vedova Meoni vagamente accenna, vi siano stati profittatori dei fondi della Massoneria tra persone di alta posizione politica e sociale.”.
A noi non interessa dove siano andati a finire questi fondi, conoscere i nomi degli eventuali profittatori, ma rilevare che il Capo della Polizia si era attivato di fronte alle richieste del Bacci; che Palazzo Giustiniani non fu espropriato, ma che fu fatto valere un titolo di prelazione, anche se in ritardo e forse prescritto, ma che poi fu fatto un accordo per tacitare il contenzioso.
In ogni caso se la Urbs avesse venduto l’immobile probabilmente la prelazione avrebbe potuto essere fatta nuovamente valere, ma non sono un giurista, non ne ho la certezza.
È possibile poi che una parte di questi fondi potrebbero essere finiti a personaggi ai vertici del Governo Fascista, probabilmente ex dirigenti della stessa Massoneria? Questo appare dal rifiuto di consegnare il rendiconto completo da parte della vedova.
Che è poi, lo vedremo, quello che denunciava il Pontefice: un condizionamento da parte di esponenti della Massoneria del governo fascista.
Non ci dobbiamo meravigliare della cosa, De Felice ne ha scritto ampiamente, il consenso verso il Regime fascista e Mussolini era vastissimo, numerosi Massoni erano membri dello stesso Supremo Consiglio.
Uno dei problemi dell’Italia democratica è stato proprio il passaggio veloce da posizioni di appoggio totale al fascismo, a dichiarazioni antifasciste che nella repentinità e nell’opportunismo non hanno mai permesso di mettere in discussione l’adesione culturale al fascismo di molti.
Le famiglie erano divise e lo era sicuramente anche la “famiglia massonica”.
Quindi da un punto di vista storico, come sempre, la realtà è complicata non è un caso forse che gli archivi di Questure e Prefetture del ventennio sono spesso andati distrutti.
Infine, conoscendo i rituali massonici c’è da domandarsi come massoni correttamente iniziati, arrivati ai gradi più alti, potessero condividere le ideologie del Regime fascista!?
Le Parole del Pontefice
Il fascismo poi con il suo dominio e la sua dittatura politica e culturale ha avuto un ruolo importante nella storia italiana. Vaste furono le adesioni dopo il suo avvento al potere, così come repentina la successiva corsa ad allontanarsi a seguito della sconfitta militare.
Renzo De Felice ha ben messo in evidenza il vasto consenso popolare e delle classi dirigenti che, nella successiva stagione repubblicana, in molti ebbero interesse a nascondere per difendere posizioni di potere e di privilegio acquisite grazie all’adesione al fascismo.
La consultazione di archivi italiani e soprattutto esteri ci ha permesso di avere una visione vasta e completa di molti avvenimenti.
In un primo momento settori della Massoneria avevano appoggiato il movimento di Mussolini, tanto è che erano numerosi i massoni presenti nel Supremo Consiglio Fascista. Così come altri legati ai movimenti progressisti lo avevano avversato con fermezza.
La Massoneria era profondamente divisa come tutta la società italiana.
Poi con l’avvento al potere di Mussolini era seguita una forte persecuzione con devastazioni di sedi, morti e fuoriusciti e lo scioglimento delle obbedienze massoniche.
Dopo che il Re ebbe dato l’incarico di Capo del Governo a Mussolini uno dei primi problemi che Mussolini si è trovato ad affrontare è quello della Massoneria, essendo numerosi i Massoni presenti al vertice del Partito Fascista, era evidente il timore che questi, condizionati dai vertici delle loro Obbedienze, in qualche modo lo potessero intralciare obbedendo ad input esterni.
Erano passati pochi anni dal famoso processo ai deputati massoni che si erano rifiutati di votare una mozione in Parlamento come chiedeva loro il Gran Maestro. Deputati Massoni finiti poi sotto un pubblico processo.
Il Fascismo non poteva ammettere che un’unica disciplina ed un unico Capo ed i massoni fascisti potevano creare delle difficoltà; il collante del fascismo stava diventando la fedeltà al Duce da un lato e l’avversione al comunismo ed ai sistemi democratico liberali.
Le ragioni della persecuzione alla Massoneria furono due: la paura che la disciplina massonica comportasse un vincolo per i massoni fascisti presenti nel Supremo Consiglio e fra quelli inseriti negli apparati dello Stato ed i legami delle Obbedienze con le democrazie liberali, in particolare con Piazza del Gesù collegata agli Stati Uniti.
Numerosi massoni pagarono con le persecuzioni, l’esilio ed a volte la morte la loro opposizione al fascismo, ed anche nella Massoneria come nel Paese le famiglie erano divise: chi con Mussolini e chi contro Mussolini.
Con i documenti che trovate uniti analizziamo un periodo storico successivo in cui, terminate le persecuzioni, il Regime si era consolidato ed anche l’avversione alla Massoneria sembra essere venuta meno, anzi, sembra che i suoi esponenti assumono importanti incarichi nel governo fascista del Paese.
Il primo a segnalare la nuova situazione è il Pontefice e lo fa pubblicamente: il fascismo è alla ricerca del monopolio sull’educazione dei giovani, così si è mosso contro le strutture della Chiesa Cattolica. Il Pontefice Pio XI si esprime pubblicamente con una Enciclica intitolata Non Abbiamo Bisogno (29 giugno 1931).
Non ne riportiamo l’intero testo ma solo alcune parti, il fascismo ha sciolto l’Azione Cattolica chiudendo 10 mila circoli con 500 mila aderenti:
“Già a più riprese, Venerabili Fratelli, nel modo più esplicito ed assumendo tutta la responsabilità di quanto dicevamo, Ci siamo Noi espressi ed abbiamo protestato contro la campagna di false ed ingiuste accuse, che precedette lo scioglimento delle Associazioni Giovanili ed Universitarie della Azione Cattolica. Scioglimento eseguito per vie di fatto e con procedimenti che dettero l’impressione che si procedesse contro una vasta e pericolosa associazione a delinquere; trattavasi di gioventù e fanciullezze certamente delle migliori fra le buone, ed alle quali siamo lieti e paternamente fieri di potere ancora una volta rendere tale testimonianza. Si direbbe che gli stessi esecutori (non tutti di gran lunga, ma molti di essi) di tali procedimenti ebbero un tal senso e mostrarono di averlo, mettendo nell’opera loro esecutoria espressioni e cortesie, con le quali sembravano chiedere scusa e volersi far perdonare quello che erano necessitati di fare: Noi ne abbiamo tenuto conto riservando loro particolari benedizioni.
Ma, quasi a dolorosa compensazione, quante durezze e violenze fino alle percosse ed al sangue, e irriverenze di stampa, di parola e di fatti, contro le cose e le persone, non esclusa la Nostra, precedettero, accompagnarono e susseguirono l’esecuzione dell’improvvisa poliziesca misura, che bene spesso ignoranza o malevolo zelo estendeva ad associazioni ed enti neanche colpiti dai superiori ordini, fino agli oratorii dei piccoli ed alle pie congregazioni di Figlie di Maria! …”.
In particolare il Pontefice replica ad una notizia apparsa sulla stampa:
“Ma si è in ben altra e più vasta misura attentato alla verità ed alla giustizia. Se non tutte, certamente le principali falsità e vere calunnie sparse dalla avversa stampa di partito — la sola libera, e spesso comandata, o quasi, a tutto dire ed osare — vennero raccolte in un messaggio, sia pure non ufficiale (cauta qualifica), e somministrate al gran pubblico coi più potenti mezzi di diffusione che l’ora presente conosce. La storia dei documenti redatti non in servizio, ma in offesa della verità e della giustizia, è una lunga e triste storia; ma dobbiamo dire con la più profonda amarezza che, pur nei molti anni di vita e di operosità bibliotecaria, raramente Ci siamo incontrati in un documento tanto tendenzioso e tanto contrario a verità e giustizia, in ordine a questa Santa Sede, alla Azione Cattolica Italiana e più particolarmente alle Associazioni così duramente colpite. Se tacessimo, se lasciassimo passare, che è dire se lasciassimo credere, Noi saremmo troppo più indegni, che già non siamo, di occupare questa augusta Sede Apostolica, indegni della filiale e generosa devozione onde Ci hanno sempre consolati ed ora più che mai Ci consolano i Nostri cari figli dell’Azione Cattolica…”
Poi più avanti:
“Il messaggio richiama il tante volte addotto confronto fra l’Italia ed altri Stati, nei quali la Chiesa è realmente perseguitata e contro i quali non si sono sentite parole come quelle pronunciate contro l’Italia, dove (dice) la Religione è stata restaurata.
Abbiamo già detto che serbiamo e serberemo e memoria e riconoscenza perenne per quanto venne fatto in Italia con beneficio della Religione, anche se con contemporaneo non minore, e forse maggiore, beneficio del partito e del regime.”
E fra le varie colpe che vengono addossate ai circoli cattolici, che il Pontefice si affretta a smentire, c’è l’appartenenza di dirigenti al Partito Popolare, nonché di svolgere una attività politica:
“Il primo vuol essere, che i capi dell’Azione Cattolica erano quasi completamente membri oppure capi del partito popolare, il quale è stato (dice) uno dei più forti avversari del fascismo.”
Che il Pontefice smentisce e troviamo i riferimenti al ruolo di qualche settore della Massoneria nel 1931:
“Non possiamo invece Noi, Chiesa, Religione, fedeli cattolici (e non soltanto noi) essere grati a chi dopo aver messo fuori socialismo e massoneria, nemici nostri (e non nostri soltanto) dichiarati, li ha così largamente riammessi, come tutti vedono e deplorano, e fatti tanto più forti e pericolosi e nocivi quanto più dissimulati e insieme favoriti dalla nuova divisa.”
Il Pontefice quasi ribalta l’accusa all’Azione Cattolica di svolgere un ruolo politico, accusando il Regime di aver messo fuori socialisti e massoni, ma anche di averli riammessi e fatti più forti e pericolosi dalla “nuova divisa”.
Di seguito Link che portano ad articoli usciti su giornali online relativi alla sentenza del TAR su Palazzo Giustiniani per chi volesse approfondire l’argomento:
- Sordionline: La massoneria non potrà sfrattare il Senato da Palazzo Giustiniani
- Agenpar: Massoneria: Il Tar del Lazio respinge il ricorso della società Urbs Srl legata al Grande Oriente d’Italia
- Abitare A Roma: Il TAR del Lazio respinge il ricorso del Grande Oriente d’Italia: Palazzo Giustiniani resta al Senato
È FATTO DIVIETO DI SCARICARE I DOCUMENTI ALLEGATI
Lettera Ulisse Bacci
Relazione al Capo della Polizia
Relazione al Capo della Polizia
È FATTO DIVIETO DI SCARICARE I DOCUMENTI ALLEGATI